Il Giappone ha due facce, come ho scritto altre volte, una estremamente moderna e una che rappresenta la tradizione. La stessa Tokyo ha angolini che hanno sconfitto il passare del tempo, luoghi che i minuti che scorrono li hanno proprio fermati. E così l'antico è amalgamato nel moderno. Quando meno te lo aspetti, girando magari l'angolo di una strada, lo troverai lì, forse attorniato da grattacieli, forse da insegne luminose, passato e futuro convivono senza disturbare nessuno.
Oggi invece il tornare indietro nel tempo sarà totale, Kamakura non ha appariscenti edifici che sfidano la forza di gravità, nessuna delle esagerazioni della capitale, l'antico predomina sul nuovo.
Ha la tranquillità di una cittadina che capitale lo è stata tra il 1185 e il 1333, ricca di templi
e di religione, di luoghi che di storie, sbiadite dal tempo, ne avrebbero da
raccontare, abbracciata dal mare e dai monti.
Arrivarci
è molto semplice, basta prendere l'Enoshima Kamakura Free Pass
della Odakyu (che parte da Shinjuku) e con soli 1470 yen (11 euro
circa) sarete là in 1h30.
Uno dei motivi per cui Kamakura è famosa è il Daibutsu/il grande Buddha di bronzo. Uno dei
simboli della città, nel suo cantuccio un pò lontano dal
centro se ne sta seduto e si appoggia contro il cielo, perché lui è
alto più di 13 metri e le nuvole le vede chiaramente da lassù.
(il Grande Buddha e due piccole buddhe)
I
templi da visitare sono veramente tantissimi, e anche se dispiace
facciamo una scelta, più riusciamo a visitarne meglio sarà per noi
(considerando che qua tutto chiude tra le 17 e le 18 e che ogni
tempio si aggira sui 500 yen di ingresso).
Così
ci dirigiamo a passo svelto verso la prima tappa, l'Hasedera.
Un
piccolo giardino giapponese accoglie i visitatori all'entrata, è
piena estate ormai e il verde invade ogni cosa, si impossessa dei
bordi del cielo e dell'acqua del laghetto.
(il Sammon del tempio, ovvero l'entrata principale, famosa per la sua
lanterna rossa gigante)
L'Hasedera
si arrampica su per la collina, se ne impossessa, allarga le braccia,
con i suoi tanti edifici che fanno capolino in mezzo alla
vegetazione. A metà strada tra il livello più basso e il corpo
principale del tempio si trova il piccolo spiazzo dedicato a Jizo,
milioni di sue statutte si ergono dal terreno bianche e baciate dal sole.
(due ragazze giapponesi fanno il bagno a Jizo protettore dei bambini mai nati)
I 3
edifici principali sono l'Amida-do Hall, il Kannon-do Hall (che
contengono due delle più belle statue del tempio) e l'Homotsukan (in
questo momento chiuso per lavori).
(Kannon-do Hall e Amida-do Hall)
(la bellissima statue di Amida Buddha commissionata dal primo shogun del Giappone)
(differenze culturali che fanno sorridere: non si può portare dentro
del cibo, e questo è chiaro, ma al posto del nostro convenzionale
panino c'è un bell'onigiri)
(Kannon-do Hall)
Il
luogo che però ho trovato più affascinante è la piccola grotta
dedicata alla dea Benten. Si passa attraverso un torii rosso e ci si
infila in un tunnel buio e dal soffitto basso, dentro il fresco
piacevole e uno spettacolo che suscita stupore. Lo spazio si apre su
una piccola caverna, al centro la statua della dea, accanto a lei,
sopra di lei, in ogni più piccolo anfratto delle pareti irregolari
minuscole statuette bianche.
(Benten è la dea dei mari e i suoi templi sono sempre collocati
vicino all'acqua. Non a caso appena fuori dalla caverna c'è una
piccola pozza in cui si possono bagnare le proprie preghiere di
legno)
Riprendiamo
il treno fino a Kita Kamakura, in questa zona a nord rispetto al
centro si trovano alcuni templi meravigliosi.
L'
Engakuji, uno dei più importanti complessi buddhisti zen del
Giappone, è la nostra prima tappa.
Qua
scopro una delle cose che più amo del Giappone: per entrare a
visitare l'edificio (come anche in molti altri monumenti, avrò modo di vedere) bisogna togliersi le scarpe.
Si cammina con le
calze o a piedi nudi. Lo senti il pavimento di legno sotto di te,
senti il tatami, senti l'edificio. Lo puoi percepire fisicamente e
non solo con gli occhi, ma col tatto, calore e concretezza.
Un'esperienza
tutta nuova, per me che adoro camminare scalza, l'entusiasmo che mi
prende nel girovagare su quel legno antico solo con i calzini. Ci si
può sedere, si può girare liberi, nessun cartello "vietato
toccare" "vietato sedersi", è semplicemente il
rapporto diverso con l'antico, con il monumento, che qua nessuno si
sognerebbe di offendere o rovinare. Tutto giace pulito e in ordine
senza bisogno di divieti.
(l'edificio sul retro si affaccia su un giardino zen)
(anche qua l'acqua si tinge di verde, sono le foglie degli alberi che
si specchiano, nella vanità dell'estate)
(la salita alla grande campana del tempio)
Proseguendo
lungo la strada un pò nascosto si incontra il Meigetsuin,
famoso per le ortensie meravigliose che sbocciano in primavera e per
la particolarissima finestra circolare che si apre sul giardino retrostante l'edificio. Sicuramente il tempio dà il suo massimo durante la fioritura,
ma anche adesso si dimostra un piccolo gioiello di architettura
giapponese.
Nelle
vicinanze si trovano ancora il Jyochiji e il Tokeiji,
facciamo giusto in tempo a visitarli, non sono molto grandi, ma
completamente immersi nella natura,tra le colline di Kamakura.
(l'entrata del Jyochiji)
(il Jyochiji è famoso per i suoi 3 Buddha di legno)
(dopo innumerevoli tentativi, con tanto di iphone in bilico su uno
zaino, otteniamo un scatto decente)
(statue di Tanuki dentro al Jyochiji, cani-procioni che secondo la mitologia giapponese sono di buon auspicio)
(dentro al Jyochiji c'è anche la statua di Hotei, il dio giapponese della felicità )
(vicino ai due templi, in una zona in cui non c'è niente a parte qualche casa, i due templi appunto e boschi: un piccolo ristorante che fa cucina del nord
Italia e che si chiama "Lago di Como")
Riprendiamo
il treno per tornare in centro, sono quasi le 18 e ci manca ancora
l'Hachimangu (il tempio più famoso di Kamakura).
Percorriamo
Komachi dori, la lunga strada dello shopping che porta quasi
fino al tempio. Un peccato che la maggior parte dei negozi sia già
chiusa o stia per chiudere, facciamo comunque in tempo a fermarci a
prendere dei biscotti gelato artigianali che sono la fine del
mondo, uno agli azuki (fagioli rossi dolci), l'altro al matcha (té verde giapponese): una vera bontà, freschi e
dolci al punto giusto, per la fine di una giornata di camminate e
sole che picchia.
Riusciamo
anche a infilarci in un curiosissimo negozio di salatini
giapponesi, ci saranno centinaia di tipi diversi di salatini e
per ognuno l'assaggio è libero. Iniziamo a provare salatini a caso,
colori e forme bizzarre posati sulla lingua, un pò per incoscienza
un pò per il brivido dell'ignoto, alcuni dai gusti improbabili e
improponibili, altri invece (come quelli con la frutta secca) sono
davvero buoni.
(Komachi dori e qualche serranda già tirata giù)
(uno strano banchetto che vende gurefurujyuu, un succo ricavato
direttamente dentro al pompelmo, che infatti ti consegnano intero con
una cannuccia piantata dentro. Sulla parete a lato gigantografie di
quelli che credo siano VIP giapponesi che si sbevazzano la misteriosa
bevanda)
(il negozio di salatini pieno di gente: in Giappone si usa tantissimo
portare come souvenir del cibo)
Sarà
il calar della sera, sarà il rosso che irrompe dopo una giornata di
verde acceso e colori pacati, ma l'Hachimangu mi affascina fin
dal suo torii, che sta lì in mezzo alla strada, tra le strisce
pedonali e giapponesi che sostano a chiacchierare, e il tempio vero e
proprio (nascosto dagli alberi) neanche si vede ancora.
Si
sviluppa attorno a uno stagno poi sale, ripidi scalini e dall'alto si
vede il centro di Kamakura.
Sarà
il cielo che si tinge di blu a pennellate lente, saranno i giorni
dell'Obon che si avvicina o queste due
bellissime signore giapponesi e il suono dei loro passi, come di
legnetti battuti, che sono i geta contro la pietra, scendono il ponte
arcuato per andare a pregare, o forse la bambina che accanto a me,
vedendo una tartaruga nuotare tra le ninfee, continua a urlare
felice: "亀ちゃん亀ちゃん/kame
chan kame chan" ("tartarughina tartarughina").
Il
viale principale è costeggiato da bianche lanterne di carta, ognuna
con un disegno ad acquerello sopra. Le sacerdotesse e i monaci
incominciano ad affaccendarsi: la notte cala e le lanterne vanno
accese a mano una ad una.
(a
metà del viale c'è il cerchio di paglia intrecciata, attraverso il
quale bisogna passare due volte)
(l'edificio principale dell'Hachimangu)
(la gente incomincia a sedersi sugli scalini: stasera all'Hachimangu
si tiene uno spettacolo particolare)
Appena
il sole è del tutto calato viene annunciato l'inizio dello
spettacolo, il palco si illumina, il pubblico in attesa, mentre la
presentatrice parla strappando qualche risata, poi il silenzio
rispettoso quando la musica inizia.
Siamo
state così fortunate da visitare il tempio nel giorno e all'ora in
cui viene fatta la rappresentazione di Nihon Buyo, ovvero di
danza tradizionale giapponese.
Di
certo lo spettacolo è bizzarro per un occidentale, tutto è diverso:
dalla musica al fluire della danza, che è lenta, molto lenta, con
ogni passo dosato e a volte fermato, il viso dei danzatori bianco di
trucco e i costumi ovviamente tradizionali.
A
ballare nella seconda parte sono due fratellini, una bimba di 4 anni e un
bimbo di 8.
Straordinario
come esaguano i passi senza esitazione, con grazia come richiesto ma
ancora con quella traccia di semplicità tipica del muoversi dei
bambini. Inutile dire che erano la cosa più carina e dolce del
mondo!
Finito
lo spettacolo li bracchiamo per qualche foto, sembrano due bamboline
e tranquilli, quasi con una punta di orgoglio, si mettono in posa per
noi.
(il bimbo sembra quasi voler dire: "guardate quanto sono figo con i miei hakama, eh?" )
Torniamo
verso il centro, prima che parta il treno ci infiliamo in un konbini
per comprare qualcosa da mangiare, poi ci sediamo mollemente sui
divanetti aspettando di arrivare a Tokyo.
(davanti a noi il sonno ha fatto strike: 3 su 3. Ma non vi
preoccupate, i giapponesi hanno la straordinaria e misteriosa
capacità di svegliarsi in tempo per scendere alla loro fermata)
Ci vediamo alla prossima fermata gente !!! :)
Il Giappone è un pesante "mi manca" al quale porre rimedio quanto prima. Grazie per questa visita virtuale. Mi hai fatto sentire persino l'odore del gurefurujyuu...
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