Devo dirlo, tra le tante storie strambe della mia vita giapponese questa si posiziona quasi alla pari di quella volta in cui dei tizi volevano abbordarci ricordando i fasti dell'amicizia Italia-Giappone durante la seconda guerra mondiale (true story ahimè).
Ma, studiosi di storia incompresi a parte, siamo qui per parlare di pasta (quella giapponese e quella italiana) e di misteri della fede, riguardo ai quali per credere non è necessario vedere ma sicuramente dà una mano il viverli in prima persona.
Perché a Tokyo, dove shintoismo e buddhismo la fan da padrone, io sono capace di finire a fare catechismo contro la mia volontà.
Perché a Tokyo quando io e Ale (che lei da buona romana: "la carbonara è una questione di orgoglio") prepariamo gli spaghetti alla carbonara vendendo un rene per comprare della vera pancetta, del vero parmigiano e la pasta De Cecco ci sentiamo dire: "e gli spinaci?"
A Tokyo, proprio quella Tokyo, se preghi poi ti piovono addosso gyoza (e dico letteralmente).
Se tutto questo vi sembra impossibile, ve lo assicuro, è solo perché ancora non avete letto questo mio racconto ...