sabato 7 febbraio 2015

Prossima Fermata: Kamakura o del respirare il Giappone antico


Il Giappone ha due facce, come ho scritto altre volte, una estremamente moderna e una che rappresenta la tradizione. La stessa Tokyo ha angolini che hanno sconfitto il passare del tempo, luoghi che i minuti che scorrono li hanno proprio fermati. E così l'antico è amalgamato nel moderno. Quando meno te lo aspetti, girando magari l'angolo di una strada, lo troverai lì, forse attorniato da grattacieli, forse da insegne luminose, passato e futuro convivono senza disturbare nessuno.
Oggi invece il tornare indietro nel tempo sarà totale, Kamakura non ha appariscenti edifici che sfidano la forza di gravità, nessuna delle esagerazioni della capitale, l'antico predomina sul nuovo.
Ha la tranquillità di una cittadina che capitale lo è stata tra il 1185 e il 1333, ricca di templi e di religione, di luoghi che di storie, sbiadite dal tempo, ne avrebbero da raccontare, abbracciata dal mare e dai monti.
Arrivarci è molto semplice, basta prendere l'Enoshima Kamakura Free Pass della Odakyu (che parte da Shinjuku) e con soli 1470 yen (11 euro circa) sarete là in 1h30.


Uno dei motivi per cui Kamakura è famosa è il Daibutsu/il grande Buddha di bronzo. Uno dei simboli della città, nel suo cantuccio un pò lontano dal centro se ne sta seduto e si appoggia contro il cielo, perché lui è alto più di 13 metri e le nuvole le vede chiaramente da lassù.





                     (il Grande Buddha e due piccole buddhe)




I templi da visitare sono veramente tantissimi, e anche se dispiace facciamo una scelta, più riusciamo a visitarne meglio sarà per noi (considerando che qua tutto chiude tra le 17 e le 18 e che ogni tempio si aggira sui 500 yen di ingresso).
Così ci dirigiamo a passo svelto verso la prima tappa, l'Hasedera.
Un piccolo giardino giapponese accoglie i visitatori all'entrata, è piena estate ormai e il verde invade ogni cosa, si impossessa dei bordi del cielo e dell'acqua del laghetto.





    (il Sammon del tempio, ovvero l'entrata principale, famosa per la sua lanterna rossa gigante)




L'Hasedera si arrampica su per la collina, se ne impossessa, allarga le braccia, con i suoi tanti edifici che fanno capolino in mezzo alla vegetazione. A metà strada tra il livello più basso e il corpo principale del tempio si trova il piccolo spiazzo dedicato a Jizo, milioni di sue statutte si ergono dal terreno bianche e baciate dal sole. 


   (due ragazze giapponesi fanno il bagno a Jizo protettore dei bambini mai nati)




I 3 edifici principali sono l'Amida-do Hall, il Kannon-do Hall (che contengono due delle più belle statue del tempio) e l'Homotsukan (in questo momento chiuso per lavori).


    (Kannon-do Hall e Amida-do Hall)



   (la bellissima statue di Amida Buddha commissionata dal primo shogun del Giappone)



(differenze culturali che fanno sorridere: non si può portare dentro del cibo, e questo è chiaro, ma al posto del nostro convenzionale panino c'è un bell'onigiri)



    (Kannon-do Hall) 




Il luogo che però ho trovato più affascinante è la piccola grotta dedicata alla dea Benten. Si passa attraverso un torii rosso e ci si infila in un tunnel buio e dal soffitto basso, dentro il fresco piacevole e uno spettacolo che suscita stupore. Lo spazio si apre su una piccola caverna, al centro la statua della dea, accanto a lei, sopra di lei, in ogni più piccolo anfratto delle pareti irregolari minuscole statuette bianche.





(Benten è la dea dei mari e i suoi templi sono sempre collocati vicino all'acqua. Non a caso appena fuori dalla caverna c'è una piccola pozza in cui si possono bagnare le proprie preghiere di legno)




Riprendiamo il treno fino a Kita Kamakura, in questa zona a nord rispetto al centro si trovano alcuni templi meravigliosi.
L' Engakuji, uno dei più importanti complessi buddhisti zen del Giappone, è la nostra prima tappa.








Qua scopro una delle cose che più amo del Giappone: per entrare a visitare l'edificio (come anche in molti altri monumenti, avrò modo di vedere) bisogna togliersi le scarpe. 
Si cammina con le calze o a piedi nudi. Lo senti il pavimento di legno sotto di te, senti il tatami, senti l'edificio. Lo puoi percepire fisicamente e non solo con gli occhi, ma col tatto, calore e concretezza.
Un'esperienza tutta nuova, per me che adoro camminare scalza, l'entusiasmo che mi prende nel girovagare su quel legno antico solo con i calzini. Ci si può sedere, si può girare liberi, nessun cartello "vietato toccare" "vietato sedersi", è semplicemente il rapporto diverso con l'antico, con il monumento, che qua nessuno si sognerebbe di offendere o rovinare. Tutto giace pulito e in ordine senza bisogno di divieti. 


    (l'edificio sul retro si affaccia su un giardino zen)


   (anche qua l'acqua si tinge di verde, sono le foglie degli alberi che si specchiano, nella vanità     dell'estate)


                      (la salita alla grande campana del tempio)


Proseguendo lungo la strada un pò nascosto si incontra il Meigetsuin, famoso per le ortensie meravigliose che sbocciano in primavera e per la particolarissima finestra circolare che si apre sul giardino retrostante l'edificio. Sicuramente il tempio dà il suo massimo durante la fioritura, ma anche adesso si dimostra un piccolo gioiello di architettura giapponese.


 






Nelle vicinanze si trovano ancora il Jyochiji e il Tokeiji, facciamo giusto in tempo a visitarli, non sono molto grandi, ma completamente immersi nella natura,tra le colline di Kamakura.


    (l'entrata del Jyochiji)


    (il Jyochiji è famoso per i suoi 3 Buddha di legno)


(dopo innumerevoli tentativi, con tanto di iphone in bilico su uno zaino, otteniamo un scatto decente) 


(statue di Tanuki dentro al Jyochiji, cani-procioni che secondo la  mitologia giapponese sono di buon auspicio)


   (dentro al Jyochiji c'è anche la statua di Hotei, il dio giapponese della felicità )




(vicino ai due templi, in una zona in cui non c'è niente a parte qualche casa, i due templi appunto e boschi: un piccolo ristorante che fa cucina del nord Italia e che si chiama "Lago di Como") 




Riprendiamo il treno per tornare in centro, sono quasi le 18 e ci manca ancora l'Hachimangu (il tempio più famoso di Kamakura).
Percorriamo Komachi dori, la lunga strada dello shopping che porta quasi fino al tempio. Un peccato che la maggior parte dei negozi sia già chiusa o stia per chiudere, facciamo comunque in tempo a fermarci a prendere dei biscotti gelato artigianali che sono la fine del mondo, uno agli azuki (fagioli rossi dolci), l'altro al matcha (té verde giapponese): una vera bontà, freschi e dolci al punto giusto, per la fine di una giornata di camminate e sole che picchia.
Riusciamo anche a infilarci in un curiosissimo negozio di salatini giapponesi, ci saranno centinaia di tipi diversi di salatini e per ognuno l'assaggio è libero. Iniziamo a provare salatini a caso, colori e forme bizzarre posati sulla lingua, un pò per incoscienza un pò per il brivido dell'ignoto, alcuni dai gusti improbabili e improponibili, altri invece (come quelli con la frutta secca) sono davvero buoni.





    (Komachi dori e qualche serranda già tirata giù)


(uno strano banchetto che vende gurefurujyuu, un succo ricavato direttamente dentro al pompelmo, che infatti ti consegnano intero con una cannuccia piantata dentro. Sulla parete a lato gigantografie di quelli che credo siano VIP giapponesi che si sbevazzano la misteriosa bevanda)


   (il negozio di salatini pieno di gente: in Giappone si usa tantissimo portare come souvenir del cibo)




Sarà il calar della sera, sarà il rosso che irrompe dopo una giornata di verde acceso e colori pacati, ma l'Hachimangu mi affascina fin dal suo torii, che sta lì in mezzo alla strada, tra le strisce pedonali e giapponesi che sostano a chiacchierare, e il tempio vero e proprio (nascosto dagli alberi) neanche si vede ancora.
Si sviluppa attorno a uno stagno poi sale, ripidi scalini e dall'alto si vede il centro di Kamakura.
Sarà il cielo che si tinge di blu a pennellate lente, saranno i giorni dell'Obon che si avvicina o queste due bellissime signore giapponesi e il suono dei loro passi, come di legnetti battuti, che sono i geta contro la pietra, scendono il ponte arcuato per andare a pregare, o forse la bambina che accanto a me, vedendo una tartaruga nuotare tra le ninfee, continua a urlare felice: "亀ちゃん亀ちゃん/kame chan kame chan" ("tartarughina tartarughina").













Il viale principale è costeggiato da bianche lanterne di carta, ognuna con un disegno ad acquerello sopra. Le sacerdotesse e i monaci incominciano ad affaccendarsi: la notte cala e le lanterne vanno accese a mano una ad una.


 

  
      (a metà del viale c'è il cerchio di paglia intrecciata, attraverso il quale bisogna passare due volte)


    (l'edificio principale dell'Hachimangu)


(la gente incomincia a sedersi sugli scalini: stasera all'Hachimangu si tiene uno spettacolo particolare)




Appena il sole è del tutto calato viene annunciato l'inizio dello spettacolo, il palco si illumina, il pubblico in attesa, mentre la presentatrice parla strappando qualche risata, poi il silenzio rispettoso quando la musica inizia.
Siamo state così fortunate da visitare il tempio nel giorno e all'ora in cui viene fatta la rappresentazione di Nihon Buyo, ovvero di danza tradizionale giapponese.
Di certo lo spettacolo è bizzarro per un occidentale, tutto è diverso: dalla musica al fluire della danza, che è lenta, molto lenta, con ogni passo dosato e a volte fermato, il viso dei danzatori bianco di trucco e i costumi ovviamente tradizionali.
A ballare nella seconda parte sono due fratellini, una bimba di 4 anni e un bimbo di 8.
Straordinario come esaguano i passi senza esitazione, con grazia come richiesto ma ancora con quella traccia di semplicità tipica del muoversi dei bambini. Inutile dire che erano la cosa più carina e dolce del mondo! 
























Finito lo spettacolo li bracchiamo per qualche foto, sembrano due bamboline e tranquilli, quasi con una punta di orgoglio, si mettono in posa per noi.


          (il bimbo sembra quasi voler dire: "guardate quanto sono figo con i miei hakama, eh?" ) 





Torniamo verso il centro, prima che parta il treno ci infiliamo in un konbini per comprare qualcosa da mangiare, poi ci sediamo mollemente sui divanetti aspettando di arrivare a Tokyo.


(davanti a noi il sonno ha fatto strike: 3 su 3. Ma non vi preoccupate, i giapponesi hanno la straordinaria e misteriosa capacità di svegliarsi in tempo per scendere alla loro fermata)


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Ci vediamo alla prossima fermata gente !!! :)
 







 

1 commento:

  1. Il Giappone è un pesante "mi manca" al quale porre rimedio quanto prima. Grazie per questa visita virtuale. Mi hai fatto sentire persino l'odore del gurefurujyuu...

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